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Che Guevara. La sottile differenza tra mito e uomo

che_guevara_simpsondi Simone Currò

Oggi ricorre il 49^ anniversario della morte di Ernesto Guevara de la Serna, ribattezzato dai cubani “Che” per prendere in giro quel suo modo di parlare lo spagnolo tipico degli argentini.

Il Che è un personaggio forte, pensatore e militante rivoluzionario, di un periodo storico segnato da moti di protesta popolare e di rivendicazione dei propri diritti.

Che Guevara come idolo conseguenza quasi naturale. Facile icona da immortalare e far vedere nelle piazze, facendone nascere il mito. Il movimento del sessantotto sappiamo benissimo che evoluzione prese ma fu un risveglio sociale che portò molti cambiamenti. Da lì in poi Che Guevara si è trasformato in leggenda, il suo volto è sempre presente in manifestazioni di contestazione sociale.

Di lui oggi si ricorda che è stato un rivoluzionario che ha lottato per la libertà dei popoli oppressi, i suoi detrattori e nemici politici lo hanno definito un ‘sovversivo visionario’, per tanti altri, come detto, un mito da osannare, magari a volte senza sapere realmente chi fosse.

Proviamo allora ad analizzare la figura di uno degli uomini più discussi e stereotipati di sempre

L’asma: una cattiva compagna di giochi. Nato nel1928 in una famiglia benestante di Rosario, fin da bambino dovette convivere con l’asma che lo accompagnerà per tutto il corso della sua esistenza e che probabilmente ne forgiò la predisposizione a sopportare il dolore. Si appassiona fin da giovane alla letteratura, favorito anche da una folta biblioteca di casa. Laureando in medicina, decide insieme all’amico Alberto Granado di intraprendere un viaggio alla scoperta del continente latinoamericano.

A ventitré anni il viaggio che lo apre al mondo. Spinti da un predilezione all’avventura e curiosi di conoscere un mondo fin ad allora vissuto soltanto attraverso i libri, Ernesto e Alberto intraprendono un viaggio che li cambierà profondamente. I grandi ideali di uguaglianza e sostegno ai più deboli si svilupparono in lui durante il girovagare per il continente. La consapevolezza delle profonde diseguaglianze tra gli uomini l’ebbe guardando in faccia la realtà e scontrandosi con le ingiustizie che l’essere umano perpetra ai suoi simili.

Il personaggio che ha scritto questi appunti è morto quando è tornato a posare i piedi sulla terra d’Argentina, e colui che li riordina e li ripulisce, “io”, non sono io; per lo meno, non si tratta dello stesso io interiore. Quel vagare senza meta per la nostra “Maiuscola America” mi ha cambiato più di quanto credessi. Scrive il Che nel suo taccuino di viaggio diventato poi

Giugno 1952 Alberto- Granado con Che Guevara sulle rive del Rio delle Amazzoni

Giugno 1952 Alberto- Granado con Che Guevara sulle rive del Rio delle Amazzoni

Diari della motocicletta. Un altro frammento ci fa percepire come in quest’avventura il Che si avvicini all’essenza stessa dell’essere umano: Quella coppia infreddolita, nella notte del deserto, accoccolati l’una contro l’altro, era una viva rappresentazione del proletariato di ogni parte del mondo. Non avevano neppure una misera coperta con cui scaldarsi, così abbiamo dato loro una delle nostre e noi due ci siamo arrangiati alla meglio con l’altra. Fu quella una delle volte che ho  sofferto più il freddo, ma anche quella in cui mi sono sentito un po’ più affratellato con questa, per me strana, specie umana.

La scoperta di quella ‘Maiuscola America’, lo portarono a lottare per tutta la vita contro i soprusi verso i più deboli, a combattere l’imperialismo e il capitalismo come mali che affliggono l’intera umanità. Lo fece con una passione e una dedizione poche volte riscontrate in altri uomini. La lotta armata per difendere le proprie idee era per lui l’unica soluzione plausibile. Prende la laurea in Medicina ma corre a portare il suo sostegno alle battaglie Guatemalteche, qui conosce Hilda Gadea con la quale avrà una figlia.

Il Messico e l’incontro con Fidel Rifugiatosi in Messico dove vivrà di stenti lavorando come fotografo per un agenzia di stampa, nel Luglio del ’55 fa la conoscenza del giovane avvocato cubano che un paio di anni prima aveva provato a ribaltare il regime di Fulgencio Batista, Fidel Castro Ruz. I due si trovano subito affini su diverse posizioni, Fidel gli proporrà di far parte della spedizione che da lì a breve proverà nuovamente a soverchiare il governo fantoccio di Batista.

Che Guevara ha finalmente trovato l’uomo giusto con il quale mettere in atto le proprie ideologie, accetta di buon grado l’offerta di Fidel a patto di potersi svincolare dopo l’eventuale riuscita della rivoluzione. Il compito che si è prefisso Che Guevara è quello di rendere libero tutto il continente ispirato dagli ideali dei libertadores, come Bolivar, O’Higgins, San Martin che nel corso dell’800 resero indipendenti gli Stati del centro-sud America dai conquistadores. Indipendenza che però fu seguita dal giogo capitalistico condotto dagli USA e i suoi alleati.

Salpato sulla Granma come medico della spedizione, si rivelerà in realtà un eccellente guerrigliero ed un inappuntabile comandante nei due anni di battaglia. La vittoria della rivoluzione cubana avvenuta nel ’59 non appagherà la sua sete di giustizia. A Cuba troverà l’amore di Aleida March con la quale avrà quattro figli. Il calore della famiglia e la stima che l’intero popolo nutre nei suoi riguardi non fermeranno i suoi intenti. Fino al 64, collaborò in diversi modi con il governo rivoluzionario appena costituito, dapprima come ambasciatore, successivamente coopererà alla nascita della nuova riforma agraria. Assunse anche la direzione della Banca Nazionale e infine diverrà ministro dell’Industria e dell’economia.

Sviluppa così la sua concezione di comunismo, che con il trascorrere del tempo si discosterà sempre di più da quella marxista e si allontanerà definitivamente dal metodo di  attuazione del socialismo dell’Unione Sovietica. Il che lo porterà ad essere emarginato dal governo cubano e da molte componenti del comunismo internazionale.

Dismessi i panni di ministro, stette diversi mesi in giro per il mondo a far nuovamente da ambasciatore, ad una conferenza dell’Onu attaccò apertamente il governo americano, e poco dopo ad Algeri fece lo stesso con l’Unione Sovietica e  il blocco orientale, additandoli di utilizzare gli stessi metodi dei paesi capitalisti nello sfruttamento dei paesi del terzo mondo.

Rientrato a Cuba fu inevitabile la rottura, aveva già deciso che doveva riprendere la guerriglia in altri posti. Altre terre nel mondo reclamano il mio modesto contributo.  Saranno prima l’Africa e successivamente la Bolivia i teatri delle nuove fallimentari guerriglie, con un occhio sempre attento alla sua Argentina. Morirà nell’ottobre del 1967 nelle Ande boliviane, braccato dalla Cia e tradito da un  movimento contadino diffidente alle innovazioni del rivoluzionario argentino.

La salma del Che (1967) paragonata al Cristo del Mantegna (1480)

La salma del Che (1967) paragonata al Cristo del Mantegna (1480)

Cristo della modernità, così viene poi immortalato. Colui che morì per difendere i diseredati del nostro pianeta dall’ingiustizia imperante dell’uomo. Gli anni di lavoro nello sviluppo della rivoluzione cubana lo portarono, come detto, alla sua personale concezione di comunismo, alla base della quale ci sta principalmente l’uomo, che è al di sopra di qualsiasi dogma economico e strutturale.

La rivoluzione non è soltanto il cambiamento delle istituzioni, ma è soprattutto una profonda e radicale trasformazione degli uomini. Una vera rivoluzione deve essere capace di creare un “uomo nuovo” che deve manifestare in ogni momento un alto livello di patriottismo la cui espressione più pura ed elevata sia  l’amore profondo della umanità stessa.

Un uomo nuovo che abbia piena vocazione intellettuale, sempre al corrente della realtà che lo circondi, e che mostri in qualsiasi circostanza una volontà e una predisposizione al sacrificio a beneficio degli altri, spogliandosi di ogni individualismo per far sfoggio di una profonda sensibilità ed umanesimo. L’uomo nuovo di Che Guevara non dimentica di essere un difensore della giustizia e sentire sulle proprie membra il dolore inflitto agli altri uomini. Esempio per i propri simili, aperto a fare nuove esperienze e approfondire tutto ciò che non capisce. Un uomo munito di una volontà ferrea di fronte alle avversità.

Questa concezione forse utopica di uomo ideale è a mio modo di vedere la più grande eredità che ci ha lasciato Che Guevara, la base sulla quale ricostruire un mondo migliore, più equo.

Simone Currò

(9 ottobre 2016)

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