Ethnos

Caltagirone, la stereotipia ceramica e i suoi grandi maestri

Bottega Navanzino

Caltagirone è una città-riferimento nel mondo della Ceramica.
Sulla Terra, ci sono zone geografiche, soprattutto quelle ricche di argilla, dove si è consolidata l’arte della produzione ceramica approdando, nel tempo, per stile e fattura, a quella che potremmo definire una stereotipia; un’identità a tutti conosciuta e da tutti riconosciuta.

Nella Sicilia orientale, quando si parla di Ceramica, ‘Caltagirone’ è associazione immediata. Ogni abitante conosce e riconosce il decoro tipico. Tema floreale che può essere usato per vasellame vario e di uso quotidiano: è riproducibile velocemente e, dinamico, si adatta alle diverse forme.

Bottega Varsallona

Di norma foglie d’acanto ondeggianti attorno a un fiore; il giallo e il blu cobalto, arrivato alla fine del 1600, sono i colori dominanti. Dinamica, piena e sgargiante: la stereotipia calatina.

Storia Antica e aurea, quella dei vasai di Caltagirone. “I greci hanno inventato il tornio e insegnato ai nostri antenati come usarlo”, ci spiega Antonio Navanzino, ceramista calatino di seconda generazione e insegnante d’arte nel liceo scientifico.

Vaso greco che ritrae torniante, dono dei greci alla città di Caltagirone

“Questo vaso (vedi la foto a destra ndr) è assai probabile fosse un dono che i greci portarono alla comunità degli artigiani calatini, alla città intera quindi, per essersi distinta nella produzione di vasellame”. Subito dopo Barbaro Messina fa notare un grande vaso dell’epoca che testimonia come la terra lavica venisse mescolata all’argilla.

Ci siamo addentrati nella città della Ceramica guidati da tre Maestri di eccellenza che
– hanno iniziato insieme
– si sono addentrati nella stereotipia per poi superarla con rispetto, curiosità e personalità.
– hanno tramandato passione e competenze ai loro figli.

Barbaro Messina, Riccardo Varsallona, Francesco Navanzino. Tutti e tre, oggi, hanno imprese familiari. I figli proseguono la strada esplorativa dei padri, approdando su nuove rive. Chi ha scelto la ceramica raku, chi la deformazione di vasi, chi l’antiesteticità.

da sinistra: Riccardo Varsallona e Barbaro Messina

Barbaro Messina è il maestro del Vulcano, vive sull’Etna, è conosciuto a livello internazionale per la pioneristica ceramizzazione della pietra Lavica. Determinazione, intelligenza e generosità supportano l’operato dell’artista Barbaro che oggi tramanda il suo sapere tra i pirosseni dei Monti Rossi dell’Etna. Suo figlio Filippo Messina, prosegue la via artistica del padre, la ricerca artistica di Barbaro si è spinta nei territori di smalti aggettati su massi lavici, delicati scenari allegorici come le sottili barchette in mare che contrastano con i ricci ispidi della pietra e i colori brillanti. Per Filippo la ricerca aggettante è stato un gioco che ha poi portato alla ricerca opposta, pittura su base piatta, spesso terracotta e riproduzione manuale di geometrie in equilibrismi tra simmetria e asimmetria; scale e spirali ne dettano i disegni.

Ma Barbaro e Filippo Messina sono etnei… Caltagirone si trova invece nell’entroterra, a un’ora e mezzo di strada da ‘a Muntagna’.

I due personaggi che in quanto eccellenze hanno indossato lo stereotipo dell’artigiano, dell’alchimista, del ceramista, dell’artista e, infine, del maestro… sono Varsallona e Navanzino. Due nomi che ogni appassionato, di Ceramica siciliana e non, conosce.

Riccardo Varsallona padre ha dedicato la sua carriera a un profondo lavoro di ricerca e di personalizzazione. Prima la ricerca del decoro da cui lasciarsi ispirare, pezzi museali di grande pregio, poi Riccardo disegna una propria linea decorativa e ricerca la formula degli smalti necessari. Nell’arte della composizione degli smalti, Varsallona, è tra i più abili ceramisti. Ricordiamo che smalti e colori sono ricette ‘personali’, ogni ceramista-artista, padrone del proprio lavoro, ha le proprie formule. La ricerca nei territori ‘alchemici’ si è dilatata con la scelta del figlio di esplorare il mondo Raku, dove l’indetermiazione con cui ogni ceramista fa i conti, si espande esponenzialmente, il giovane Varsellona, lo trasferisce alle forme… ed ecco lavori che di Caltagirone hanno tutto, ma nell”inconscio; traccia silenziosa che solo gli occhi Maestri possono leggere.

Bottega Navanzino

Diverso l’approccio di Francesco Navanzino, che varia in tema e forme ma si mantiene un artigiano purista. Oggi la sua bottega è ottima meta anche per turisti che vogliono comprare souvenir ben fatti. Meno bottega d’arte e più impresa artigiana familiare in cui brillanti figli sono collaboratori che si dedicano anche ad altro, l’uso del tornio è di competenza di Luigi che realizza molte opere per libera espressione, soprattutto simpatici vasi ‘non-vasi’; l’altro, Antonio impegnato nell’attività di insegnante nella scuola superiore porta avanti serie sperimentali quando può. Navanzino padre ha un vastissimo repertorio di stili, inoltre ha tutto un archivio personale di Teste di Moro che, dagli anni 70 ad oggi, ha ideato e realizzato.

(29 Aprile 2018)

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